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Il mio professore con la sua Puttanella 2


di pamyzi1
12.09.2020    |    7.271    |    1 9.9
"Allora mi estraeva le tette dal reggiseno senza toglierlo, diceva che così scosciata, con le gambe tutte aperte e la fighetta tumida in vista, mi faceva..."
- Data la mia minore età non era possibile per noi, durante i nostri incontri, di prendere una camera in albergo, né potevamo recarci a casa di Goffredo, perché lui viveva in un residence, con custode alla reception e personale di servizio in giro, troppa gente e occhi indiscreti, troppo rischioso. Alla fine si sarebbe capito che le mie visite non erano sporadiche, qualcuno si sarebbe chiesto la ragione di quella assiduità, qualche voce sarebbe potuta giungere ai miei, con conseguenze indicibili.
Quindi per vederci eravamo costretti a usare la sua auto come alcova dei nostri convegni: una lussuosa Mercedes 380SL, nera, con interni in pelle beige, in verità era comoda e spaziosa anche per le nostre pomiciate.
Imboscati in luoghi appartati ci abbandonavamo alle nostre effusioni, badando bene di essere riparati da sguardi indesiderati.
Era piacevole fare quelle passeggiate al suo fianco viaggiando su quella macchina comoda e lussuosa, i sedili erano morbidi e avvolgenti, l'abitacolo profumava di pelle e radica, poi c'era quel buon odore che lui aveva sempre addosso e io nelle narici, che mi faceva bagnare solo al sentirlo. Durante le nostre passeggiate su quattro ruote, lui guidava tenendo una mano sul volante e l'altra sulla mia fighetta, la toglieva da lì solo quando gli era necessario cambiare marcia. Per facilitargli la cosa, normalmente sfilavo le mutandine appena salivo in auto.
Cercavamo di continuo nuovi posti dove appartarci: zone isolate della periferia cittadina, piazzali di sosta lungo la tangenziale, oppure nei parcheggi a silos interrati.
Tirava giù il sedile ribaltabile e io mi spostavo sul fondo, dove il poggiatesta si adagiava sui sedili posteriori, lì talvolta mi spogliavo totalmente, altre volte lui voleva che togliessi le mutandine e sbottonassi la camicetta. Allora mi estraeva le tette dal reggiseno senza toglierlo, diceva che così scosciata, con le gambe tutte aperte e la fighetta tumida in vista, mi faceva sembrare una puttana presa per strada: questo lo eccitava molto.
Lui stava inginocchiato sul sedile di guida e voleva che iniziassi a toccarmi, così mi eccitavo anche io: la fighetta mi sbrodolava tutta, iniziavo a carezzarla con le dita a paletta, muovendo la mano in una carezza circolare sulle grandi labbra.
- Massaggiala bene, troietta, spalma il succo su tutta la fica, Fai la porca! Mi fa venire il cazzo duro come una pietra guardarti. - mi diceva con un tono denso di lascivia.
Mentre parlava aveva il sesso in mano e lo carezzava lentamente.
Vedere come gli cresceva e diventava teso quel bastone di carne, mi piaceva da matti, era piuttosto grosso, con la cappella congestionata e turgida, pensare che tra poco lo avrei avuto tutto in bocca da ciucciare mi faceva tremare di voglia.
Era un bell'uomo, longilineo, una faccia maschia, i capelli di un castano dorato con qualche filo d'argento sulle tempie, li portava lunghi due dita a coprire il collo, con una bocca carnosa e sensuale. Amava tenere un filo di barba, rasandola ad un altezza di pochi millimetri, questo conferiva al volto quell'aria un po' selvaggia, d'artista, che era la qualità del suo fascino.
Quando con la carezza iniziavo a smaniare perché sentivo montare il piacere, lui mi faceva fermare. Sapevo che avremmo sicuramente iniziato qualche giochino, infatti, dal cruscotto dell'auto estraeva sempre qualcosa di nuovo da provare. Una volta tirò fuori un sacchetto che conteneva degli elastici,alcune mollette da bucato e un grosso “plug” in silicone, di un allegro color pervinca. Era lungo circa quindici centimetri, con un diametro di cinque. Aveva la forma di un goccia rovesciata con la punta arrotondata e si restringeva, nella base, a un diametro di due centimetri, terminando con una placca tonda che, restando al di fuori dell'ano, fungeva da fermo impedendo al plug di scivolare all'interno dello sfintere.
- E cosa ci faceva con quelle cose? - chiese Rinoldi, con voce atona.
Mi mise gli elastici stretti intorno all'attaccatura al busto di ogni seno: in quella maniera sembravano due palloncini con la plastica stretta nel mezzo. Avevo le tette gonfie, con i capezzoli così turgidi da sembrare prossimi a esplodere. Lui prese a leccarmeli e mordicchiarmeli piano, poi applicò una molletta a ciascun capezzolo, facendoli oscillare con tocco delle dita: era una tensione dolorosa e stimolante allo stesso tempo.
Poi mentre stavo sdraiata sul sedile, mi diede da insalivare il plug, lui si inginocchiò a leccarmi la fighetta e l'ano, usava la lingua in maniera meravigliosa, schiudendo con lentezza le grandi labbra, inserendola nella vagina quel poco che consentiva la mia verginità, per poi scendere al buco del culetto, e lì la lingua penetrava tutta, lasciandomelo colmo di saliva.
Quando fui tutta morbida e fradicia di secrezioni, mi introdusse poco alla volta il grosso plug nel culetto. Aveva un bel diametro, ma entrò tutto fino alla placca di fermo, mi sentivo l'intestino pieno, ero tutta aperta, era una sensazione molto soddisfacente, più di quella che provavo con la cannula del clistere.
Mi chiese di cambiare posizione: volle che ruotassi in maniere da avere la testa tra le sue gambe e i piedi in alto, posti sulla spalliera del sedile passeggeri.
Sfilò la cintura dai pantaloni e mi fece spalancare le cosce. Tenendola in mano arrotolata intorno alla fibbia, prese a colpirmi il sesso, con la parte terminale, dando piccole cinghiate.
Sobbalzavo e sospiravo, bruciavano un poco, a ogni colpo contraevo i muscoli pelvici e di riflesso stringevo quelli dello sfintere, aumentando la sensazione di essere dilatata a dismisura dal plug affondato nell'ano.
Volle che gli leccassi i testicoli e gli prendessi il sesso in bocca, mentre mi strizzava i capezzoli, pressando sulle mollette, e continuando a colpirmi la fica aperta.
Gli piaceva farmi quelle cose, aveva il sesso teso e duro, goccioline gustose mi insaporivano la bocca, gli infilavo la lingua fra le natiche, affondandola nell'ano sapido, poi gli prendevo i testicoli in bocca mentre gli penetravo il retto con due dita.
Il suo odore, di sesso e di maschio infoiato mi riempiva le narici, era eroticamente stordente: la situazione, con quelle cose tanto porche, fatte così in maniera clandestina, in quei luoghi nascosti, dove però avrebbero potuto scoprirci in ogni momento, era estremamente eccitante.
Mi sentivo sporca e depravata, ero vergine, ma con tutti gli altri buchi in grado di ricevere oggetti e cazzi di dimensioni incredibili.
Lui era più in fregola di me, muoveva ila bacino per strusciarmi i testicoli e il cazzo sulle labbra, ansimava per la frenesia, aumentando l'intensità dei colpi al mio sesso.
- Succhia porcellina, succhia che poi ti sborro in bocca. -
Quanto era porco. Mi piaceva che mi trattasse come una troietta a cui riempire la bocca di sborra.
Gli ingoiai il sesso fino a premere il naso contro i riccioli del suo pube, smise di colpirmi e si stese su me nella posizione del sessantanove: mi pose le labbra a ventosa sul clitoride, iniziò a succhiarmi, il mio bottoncino sembrava un piccolo cazzo fra le sue labbra, era duro, infiammato e sporgente, lui ci giocava con labbra e lingua, sentivo la sua saliva el mio ciprigno colarmi fra le natiche inzuppandomi la rosetta anale.
Mentre mi mangiava il sesso, prese col pollice, a spingermi ritmicamente
il plug nel culo, non riuscì più a contenermi, gli squirtai in bocca l'orgasmo liquido che mi esplose nel ventre.
Lui mi venne quasi contemporaneamente: non mi staccai, lasciai che si svuotasse tutto nella mia bocca, lo sperma caldo e cremoso mi invase la gola, ingoiai tutto. Quando uscì dal mio cavo orale, il suo membro era lucido e pulito come un pesciolino rosso che salti fuori dalla sua boccia d'acqua.
- Quindi è per queste cose sconce che, a un certo punto, non hai più voluto che la vostra relazione continuasse? - chiese il professore.
- No professore, queste cose non erano sgradevoli, anzi mi piaceva farle. E' quello successo tempo dopo che mi ha fatto comprendere quanto la cosa stesse prendendo un deriva poco edificante. -
- Santo cielo! Che altro doveva accaderti ancora, ragazza mia? -
La biondina stava sulla graticola: sbottono i primi tre bottoni della camicetta e rimbocco i polsini delle maniche, aveva caldo in maniera evidente, ciocche di capelli intrisi di sudore incollate alla fronte.
- Devo raccontare? - chiese titubante.
- Devi! - asserì categorico Rinoldi.
continua.......................................
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